C’è un saggio bellissimo di uno studioso russo che si chiama Bachtin, il saggio si intitola La parola nel romanzo ed è pubblicato da Einaudi in un volume intitolato Estetica e romanzo, dove Bachtin dice che noi, le cose che diciamo, il cinquanta percento non sono cose che diciamo, sono cose che ripetiamo. Quel saggio è degli anni cinquanta, e adesso, secondo me, sessant’anni dopo, per me, perlomeno, quella percentuale lì è salita al novantotto percento, e i giorni che mi viene un pensiero mio che l’ho pensato io sono giorni da segnare sul calendario noi siamo veramente, mi sembra, tutti impastati di sonno, non sappiamo neanche distinguere dentro la testa quel che abbiamo pensato noi e quello che abbiamo sentito dire dagli altri e io non lo so, quanto si può andare avanti, così, forse all’infinito, ma forse anche no.

La vita è come un’eco: se non ti piace quello che ti rimanda indietro, devi cambiare il messaggio che invii.

Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto.

Chi conosce gli altri è sapiente. Chi conosce se stesso è illuminato.

Prima di essere sconfitti da un nemico esterno si è sconfitti da se stessi.

La felicità non è qualcosa da ricercare in un luogo lontano; cerchiamo di comprendere che la felicità si trova nella nostra stessa vita. La felicità o l’infelicità, così come la vittoria o la sconfitta nella vita sono determinate dal fatto o meno di essere convinti di questo.

Non lasciare che il comportamento degli altri distrugga la tua pace interiore.

In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere.

Internet può essere una fonte di conoscenza, ma richiede tempo (e ce ne sottrae) perché ormai è diventato talmente vasto da essere dispersivo. In più, Internet elimina la conoscenza casuale. Se da Napoli vai a Milano in auto, Bologna la vedi. Se ci vai in aereo, te la perdi. Voglio il passo del Paradiso dove si parla dell’aquila? Digito, e mi compare direttamente quel passo. Senza Internet, no: te la devi leggere, la Divina Commedia. E intanto che leggi, conosci.

Nessuno parlerebbe molto in società, se fosse cosciente di quanto spesso fraintende gli altri.

Concentrarsi nei rapporti col prossimo significa soprattutto essere capaci di ascoltare. La maggior parte delle persone ascolta gli altri, oppure dà consigli, senza ascoltare veramente. Non prende sul serio l’interlocutore. Come risultato la conversazione la stanca. È convinta che si stancherebbe anche di più se si concentrasse per ascoltare. Ma è vero l’opposto. Qualunque attività, se svolta con concentrazione, ci fa sentire più svegli (anche se dopo sopravviene una naturale e benefica stanchezza), mentre ogni attività svolta senza concentrazione ci stanca e ci annoia e, nel medesimo tempo, non ci concilia il sonno alla fine della giornata.

Va fatta un’altra considerazione riguardo le condizioni necessarie a imparare un’arte. Non si deve mai cominciare a imparare un’arte direttamente, ma indirettamente. Bisogna imparare un gran numero di altre cose - spesso apparentemente sconnesse tra di loro - prima di accostarsi all’arte stessa.

Poiché un uomo è obbligato a usare per otto ore al giorno la propria energia a scopi che non sono suoi, in modi non suoi ma prescritti a lui dal ritmo del lavoro, si ribella, e la ribellione prende l’aspetto di un’infantile autoindulgenza.

E quanto più intendo, tanto più ignoro.

Una scelta poco consapevole non è libera, perché è condizionata da quello che non sa o che non vuole vedere.

È molto più facile ingannare un uomo che convincerlo di essere stato ingannato. [Le persone tendono a cercare punti di vista che rinsaldino la loro attuale posizione, vera o falsa che sia.]

La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà è la più pericolosa di tutte le illusioni.

Non dare importanza ai numeri: forse il miglior filosofo è quello che nessuno ha mai letto.

Sarei ingenuo a pensare di convincere la gente a diventare vegetariana. La mia domanda è “ti interessa o no sapere cosa significa mangiare gli animali”? [Non si tratta di convincere qualcuno a fare una scelta, ma di metterlo nella condizione per cui possa ragionare sul perché quella scelta esiste.]

La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto [numero che desideri] anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.

Teorema della storia unica: mostra qualcosa in un certo modo, ancora e ancora, e nell’immaginario collettivo diventerà così. La storia unica crea stereotipi, non necessariamente falsi, ma certamente incompleti.

È molto triste pensare alle meravigliose potenzialità umane, confrontate con i miseri risultati che riusciamo ad ottenere. Una volta si pensava che il potenziale dell’umanità non fosse sviluppato appieno perché tutti erano ignoranti: l’istruzione era la soluzione del problema. Con una buona istruzione forse saremmo diventati tutti dei Voltaire. Ma poi si capì che si possono insegnare la menzogna e il male tanto quanto la verità. Si diceva che la comunicazione tra le nazioni avrebbe condotto ad una maggiore comprensione tra i popoli. Ma i mezzi di comunicazione possono essere manipolati e si possono diffondere verità e bugie, buona informazione o semplice propaganda.

Ascoltare è meglio che parlare. Nessuno ha mai imparato qualcosa sentendo sé stesso chiacchierare.

Gli uomini non potevano soffrire per non avere cose alle quali non avevano mai pensato. Essi invece soffrono di necessità se queste vengono a mancare dopo che essi le hanno conosciute.